Coronavirus. Le conseguenze economiche sui ristoranti in Italia

A CAUSA DELL’EMERGENZA CORONAVIRUS I RISTORANTI SI SVUOTANO COME SE SEDERSI IN UN TAVOLO METTESSE A RISCHIO LA SALUTE DELLE PERSONE PIÙ CHE SALIRE SU UN AUTOBUS. ECCO LA SITUAZIONE IN ITALIA.

Allerta virus o allerta panico? Più che il contagio può la paura. Mentre la Regione Lombardia sembra aggiustare il tiro e rimodulare l’ordinanza che obbliga la chiusura dei bar, pub e altre attività di somministrazione dalle 18 alle 6 di mattina (sul sito, si legge che “I bar e/o pub che prevedono la somministrazione assistita di alimenti e bevande non sono soggetti a restrizioni e pertanto possono rimanere aperti come previsto per i ristoranti, purché sia rispettato il vincolo del numero massimo di coperti previsto dall’esercizio”, dunque l’elemento dirimente sembra essere il servizio a tavolo per evitare un – poco probabile – assiepamento di persone davanti al bancone), Fipe quantifica il danno previsto per l’emergenza Coronvirus in una perdita, sul primo quadrimestre, di 2miliardi di euro di fatturato in tutti i pubblici esercizi (bar, ristoranti, gelaterie, pizzerie eccetera), che vuole dire 20mila posti di lavoro. Ad oggi, il fatturato dei pubblici esercizi in alcune aree è calato fino a punte dell’80%. Ma quanto sia dovuto alle restrizioni necessarie e quanto all’ingiustificato allarmismo, è tutto da vedere. Perché, fatti salvi il rispetto delle regole sanitarie e la messa in campo di ogni mezzo necessario per contenere e prevenire il contagio, la desertificazione delle strade non è solo in Lombardia e in Veneto, nella zona rossa o gialla, ma in tutta Italia. Per molti rimanere aperti è una questione di resistenza alla psicosi, significa dare un segnale di normalità alla città, anche se bisogna fare i conti con il costo del personale – dove possibile gestendo con attenzione turni e giornate di ferie – e con un ridimensionamento degli approvvigionamenti soprattutto per il fresco. Cosa che, a cascata, con molta probabilità avrà un impatto su tutto l’indotto.

Simone Cipriani: il virus più pericoloso è la paura

Rilascia un’intervista telefonica, Simone Cipriani, chef de L’Essenziale di Firenze proprio nel momento in cui sta per pubblicare un post a tema sulle sue pagine social: “Stavo riflettendo in questo istante sullo stato di psicosi che si è generato. Il contagio, in questo caso, è solo mentale e l’ultima cosa da fare è alimentare il terrore generale”. Una sua foto con la mascherina con il logo del ristorante accompagnano il post di Cipriani dal titolo “Il virus più pericoloso è la paura”. Anche nel capoluogo toscano, infatti, dopo i primi casi di Coronavirus sul territorio i ristoranti hanno cominciato gradualmente a svuotarsi. Tante, troppe insolite cancellazioni per il locale, nessuna prenotazione nella giornata del 26 febbraio: “Zero. Mai successo prima”. Lo chef spera in una ripresa a partire dai prossimi giorni, “abbiamo diversi tavoli prenotati per il weekend, già da una settimana. La situazione dovrebbe migliorare, a patto di non ricevere altre cancellazioni”.

Combattere la paura con l’ironia

A rassicurare i cittadini, ci pensa il sindaco di Firenze Dario Nardella, “è stato molto intelligente e cauto, non ha fatto chiudere le scuole e sta cercando di mantenere il più possibile uno stato di calma in città”. Eppure, gli unici clienti della sera del 25 febbraio erano solo pochi stranieri. Un sentimento di timore generale difficile da comprendere, quello dei fiorentini, “soprattutto considerando che le palestre continuano a essere piene. Gli spogliatoi non possono essere un luogo di contagio?”. La soluzione, per lo chef, è una sola: l’ironia. “Quello che voglio far passare è un messaggio positivo, che è ciò che manca ora in Italia. Abbiamo bisogno di ridere, di ritrovare un po’ di consapevolezza e serenità”. Per questo ha deciso di regalare a ogni cliente una mascherina con un olio essenziale, “occorre sdrammatizzare. Non c’è altro modo”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *