Cristiano Varotti: “Vi racconto il Coronavirus”

L’influenza che ha creato paura e scompiglio in tutto il Mondo, ora ha un nome: SARS-CoV-2. Glielo ha assegnato il Comitato Internazionale per la tassonomia dei virus, a indicare che si tratta di un fratello dei coronavirus responsabili della Sindrome respiratoria acuta.
In queste settimane, i giornali non hanno fatto altro che parlare della gravità della situazione e di come la Cina si stia piegando a tutto questo.
Ma noi, com’è veramente la situazione, lo chiediamo a chi in Cina ci abita e ci lavora.
Cristiano Varotti, 37 enne nato e cresciuto a Novafeltria (RN), consulente aziendale, vive in Cina dal 2012, precisamente a Changsha, città situata a 350 km a sud di Wuhan epicentro dell’epidemia.
“nonostante la situazione sia sicuramente complicata” assicura “non è così disastrosa come tutti i TG internazionali vogliono far credere, ed è fronteggiata al meglio”.
Varotti, nel 2018 ha sposato una ragazza cinese, Dongmei, e nel suo paesello d’origine rientra più o meno due volte all’anno, per le feste comandate.
A casa, Cristiano, è tornato per le vacanze di Natale, ed è rientrato in Cina il 15 gennaio, praticamente quando l’epidemia era appena iniziata.

Puoi raccontarci com’è realmente la situazione in Cina?
Io vivo a Changsha che dista 350 km da Wuhan, zona in cui si è verificato l’epicentro dell’epidemia. Inizialmente sono stati giorni pesanti e di incertezza. Ma non ci sono mai state scene di psicosi o panico. Anzi, una peculiarità che il popolo cinese ha è che sa mantenere la calma. E’ attento, pronto alla reazione e a seguire le direttive del governo. C’è una grande collaborazione da parte di tutti per fare in modo che il virus non si diffonda.
Ora i numeri raccontano una situazione in graduale ripresa, con l’epidemia che è sostanzialmente confinata a Wuhan ed alla Provincia dello Hubei. Già da alcuni giorni, nelle città in cui sono localizzati i miei interessi, i nuovi casi di contagio si contano sulle dita di una mano. Lunedì 10 febbraio è stata la prima giornata di riapertura degli uffici, pur con mille precauzioni. Le strade della città, fino pochi giorni fa ancora deserte, si sono riempite nuovamente di vita. I primi negozi hanno riaperto (nel periodo di massima allerta solo supermercati e farmacie erano aperti al pubblico) e c’è un’atmosfera di cautela ma di ottimismo. I numeri sono il migliore strumento per fotografare la situazione, e voglio concentrarmi solo sulle due realtà che conosco meglio, e quindi Changsha (Hunan) e Shanghai. La Provincia dello Hunan, quasi 70 milioni di abitanti, ha finora registrato poco più di 1000 casi di contagio, due soli decessi. Shanghai, megalopoli che supera i 20 milioni di abitanti, poco più di 300 casi, due soli decessi. Ancora più importante, la curva delle guarigioni si è impennata e sembra che il picco del contagio sia ormai alle nostre spalle.

Ci tengo a precisare che non siamo mai stati in quarantena. Uscire di casa o meno è sempre una scelta nostra. Usciamo per le strette necessità, per fare spesa. Da quando sono rientrato in Cina di fatto non ho più lavorato. Ovviamente sono saltati i miei appuntamenti con i clienti, ma le cose riprenderanno presto a pieno regime.
Fino ad ottobre 2019 gestivo l’ufficio di rappresentanza della Regione Marche in Cina, ma ora lavoro in autonomia. La mia attività si focalizza nella gestione delle relazioni istituzionali con enti governativi cinesi e la consulenza strategica per progetti che valorizzino l’immagine dell’Italia su questo mercato.

Cosa ne pensi della chiusura dei voli dalla Cina verso l’Italia?
E’ una precauzione esagerata. E’ evidente la sostanziale inutilità di questa misura dal punto di vista della prevenzione, considerato che può essere aggirata con voli indiretti, così come la sua dannosità dal punto di vista degli scambi commerciali e relazionali con la Cina (nell’anno del turismo Italia – Cina, peraltro). D’altronde la stessa OMS non ha raccomandato la chiusura dei collegamenti aerei. E infatti gli altri stati europei non hanno bloccato i voli. È una soluzione inutile che mi sembra abbia a che fare più con ragioni di politica interna che di reale tutela della salute. Confido venga rimossa nel più breve tempo possibile.

Negli ultimi giorni sono stati scoperte diverse persone contagiare dal virus anche in Italia e proprio ieri, 21 febbraio, si è registrato il primo decesso. Cosa ne pensi delle misure che lo Stato italiano ha adottato per il nostro Paese?

Come ho fatto presente poco. fà, credo che l’interruzione dei voli (come poi si è dimostrato) sia stata una misura inefficace, facilmente aggirabile con scali intermedi. Infatti, tantissime persone (sia italiani che cinesi) si sono spostate dalla Cina all’Italia nelle ultime settimane grazie agli scali aerei in altre città. Si tratta in prevalenza di cittadini con permesso di soggiorno che hanno passato le vacanze di capodanno in Cina. Considera che gli uffici visti dei consolati sono chiusi da circa un mese, e quindi non è possibile per i cittadini cinesi presentare nuove domande visto. Io non sono un infettivologo e non posso dare giudizi assoluti ma, a mio avviso, piuttosto che bloccare i rientri, poteva essere più efficace l’imposizione di una quarantena (anche volontaria, come è stato fatto in Cina fuori dallo Hubei) a tutti quelli di rientro dalla Cina di qualsiasi nazionalità essi fossero. Si conferma peraltro ingiustificata la sino-fobia, perché il virus, in Lombardia ed in Veneto, è arrivato tramite un manager italiano.
Quindi, meno propaganda e più controlli sui rientri. Ma ormai il virus è arrivato anche nella nostra penisola e non si può far altro che cercare di arginare l’epidemia. Oggi, nella mia realtà , si parla molto della situazione italiana. La Cina ha strumenti culturali e di sistema per contenere un contagio. Spero che l’Italia si dimostri parimenti efficace.

Quali saranno le conseguenze sulle relazioni tra Italia e Cina?
il 2020 è un anno particolarmente importante nelle relazioni tra i nostri Paesi. Ricorre il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche ed è stato proclamato Anno della Cultura e del Turismo Italia – Cina. Le opportunità che abbiamo costruito derivano da un enorme lavoro collettivo di istituzioni, rappresentanze diplomatiche, imprese ed organizzazioni (culturali, accademiche, enti intermedi). Questo momento di difficoltà che la Cina sta attraversando, e le conseguenti misure contenitive messe in campo dagli altri Paesi, Italia in primis, hanno preteso drammaticamente di occupare la scena e relegato tutto il resto ad un non meglio precisato futuro. Tuttavia, il processo di normalizzazione è già in atto. Parti importanti del nostro Paese hanno dimostrato grande sensibilità e lanciato segnali importanti alla Cina. Mi riferisco in particolare alla Presidenza della Repubblica, che ha sin dal primo istante intrapreso azioni estremamente significative. E alla Cooperazione Italiana che ha inviato aiuti in termini di equipaggiamenti medici dei quali, qui, c’è grande bisogno. Ma anche alle nostre rappresentanze diplomatiche, che hanno costantemente informato i concittadini sugli sviluppi della situazione e comunicato il sostegno dell’Italia agli amici cinesi. E infine agli italiani che hanno deciso di rimanere in Cina e lottare assieme al Paese che li ha accolti. Anche il Presidente Xi Jinping lo ha riconosciuto, riferendosi al Presidente Mattarella, dichiarando commosso che “l’amicizia si vede nel momento del bisogno”.

Il coronavirus ha inferto un duro colpo all’economia e al turismo cinesi…
Vero, ma sono certo che nel giro di qualche mese l’economia si riprenderà com’è stato nel 2003 dopo la Sars. Ci vorrà del tempo ma i cinesi sono bravissimi a rimboccarsi le maniche ed agire. Le scuole sono ancora chiuse ma gli studenti hanno fatto sempre lezione in streaming e questo ha portato a una penetrazione ancora maggiore delle tecnologie di comunicazione nella vita quotidiana delle persone. Le aziende usano il telelavoro. Il paese non si farà inginocchiare dal virus. La storia suggerisce che la ripartenza della Cina avverrà a grandissima velocità. L’online prenderà definitivamente il sopravvento, anche – ma non solo – in relazione alle modalità di consumo ed ai sistemi di istruzione e lavoro che verranno gestiti sempre più in remoto. Potremmo trovarci alla vigilia di una rivoluzione tecnologica, soprattutto nell’iper-connettività applicata a tutte le funzioni del vivere sociale e di pensare lo sviluppo urbano.

Nella vita quotidiana, quali sono state le principali misure di prevenzione del contagio?

Le misure di cui rendo conto sono state applicate a Changsha, dove ho passato le prime due settimane dall’inizio della crisi. Ogni Provincia ha gestito le cose in maniera diversa, e differenze ci sono state anche tra le varie città e persino tra quartieri. Qui, la chiusura delle scuole, dopo il periodo del capodanno cinese, è stata prolungata a data da destinarsi. Nelle scorse settimane, è stata resa disponibile una app con la quale gli studenti possono connettersi in streaming ai moduli di studio aggiornati, in diretta o in differita, così che al rientro nessuno sarà rimasto indietro con le lezioni. Nelle chat online i professori danno i compiti e ogni giorno ne controllano l’esecuzione. Più recentemente anche le università hanno lanciato programmi simili e le lezioni si tengono in remoto.
Nel compound in cui vivo, ci sono due ingressi. Ciascuno di essi è presidiato da guardie di sicurezza e volontari che misurano la temperatura a tutte le persone che entrano. Chi non vive nel compound deve essere accolto all’ingresso dalla persona che lo invita e deve avere una motivazione per poter entrare. In alcune zone della Cina, in particolare nella Provincia dello Hubei, le misure sono state addirittura più restrittive. Talvolta, in alcuni compound, solo un membro della famiglia è stato autorizzato ad uscire di casa e solo per il tempo necessario ad acquistare beni di prima necessità. Da noi, tutto questo, non si è verificato. Non abbiamo avuto mai l’obbligo di rinchiuderci in casa, eppure – vuoi per precauzione, vuoi per responsabilità – la maggior parte della gente, qui, preferisce uscire il minimo indispensabile. L’unico posto veramente affollato è il supermercato. Allo stesso tempo, c’è carenza di mascherine, e l’unico modo è ordinarle online alle farmacie di fiducia. Per evitare code e adunate oceaniche di clienti, le farmacie distribuiscono mascherine solo su appuntamento.
Oltre agli ingressi dei compound, la temperatura è misurata anche a tutti gli occupanti dei veicoli che escono dalle autostrade, così come a tutte le persone che viaggiano in treno o in aereo. In caso di situazioni sospette, sono pronti i mezzi per il trasporto immediato negli ospedali designati per gli opportuni controlli. Negli hotel, oltre al rilevamento della temperatura, va firmata una dichiarazione con cui si certifica di non essere stati nello Hubei. Questo significa che, chi mostra segni del contagio, non può entrare in casa e non può uscire dall’autostrada o dalla stazione dei treni. Viene necessariamente individuato ed accompagnato a farsi curare. Pensa che persino le consegne di cibo a domicilio, alle quali ricorriamo quasi quotidianamente, arrivano con un biglietto in cui sono indicati il nome della persona che ha preparato le pietanze, chi le ha consegnate e le rispettive temperature corporee.

Che messaggio vorresti che passasse in Italia?

Mi sembra importante stigmatizzare l’inutile allarmismo e la vuota dietrologia che ispirano i contenuti diffusi da una parte rilevante dei media nostrani. Sono atteggiamenti che in questo momento non servono a nessuno. Ciò che serve, invece, è manifestare piena solidarietà e vicinanza al popolo cinese, colpito al cuore proprio all’inizio del nuovo ciclo lunare. Serve riconoscere con commozione e gratitudine il sacrificio di migliaia – tra medici e personale sanitario da tutta la Cina operativi nello Hubei – che dall’inizio della crisi combattono all’interno della zona di contenimento per dare sollievo ai malati ed alle famiglie, fronteggiando inimmaginabili sofferenze umane, psicologiche e fisiche. Serve, infine, riconoscere l’efficacia della risposta da parte di tutto il sistema in ottica di contenimento del contagio. Se la crisi si fosse verificata in qualsiasi altro Paese del mondo, credo che la situazione, oggi, sarebbe decisamente peggiore. Vorrei passasse il concetto che la Cina sta combattendo una battaglia che riguarda tutti, e la sta vincendo. Siamo ormai fuori dal tunnel e, gradualmente, torniamo al lavoro e alla normalità. Questa pausa forzata ha consentito a molti di riflettere e pianificare. Una cosa è certa: c’è tantissima voglia di ricominciare a correre.

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